FluxWayBox – Puzzle d’artista

FluxWayBox – Puzzle d’artista

Nel continuare la mia indagine/ricerca su “La Via” e sempre più affascinato dall’idea della condivisione, visti gli interessantissimi risultati ottenuti grazie alla vostra collaborazione con i "Booklets condivisi con . . ." , vorrei proporre un nuovo “gioco creativo”: il FluxWayBox o puzzle d’artista.

Il nuovo progetto consiste nell’inviare, a chi ne farà richiesta, una piccola scatola contenente un numero imprecisato e sempre diverso di mini lastre con cui poter lastricare le vostre, infinite ed improbabili, personali “mini” Vie.

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FluxWayBox – Puzzle d’artista

Documentazione:

fotografate le vostre performances e/o opere realizzate e inviatemi le foto via e-mail, saranno pubblicate in questo sito e raccolte con l’intento di esporle in occasione di eventuali nuove azioni collegate al progetto La Via

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per visualizzare tutte le opere di ciascun artista vi invito a cliccare su "continua a leggere" o direttamente sul nome riportato nella lista a destra

Piero Barducci






la Via dell'euro



Finale di partita (di Piero Barducci)

L’arte è morta? Peggio per lei.
Oggi, aspettando Godot, anche “i sei personaggi in cerca d’autore” sanno che l’arte è morta. Già Hegel , a suo tempo, si pronunciò in merito, sancendone il decesso.
Successivamente, in effetti, si scrisse di tutto sull’autentica interpretazione del pensiero Hegeliano, con il fine di negare o, viceversa, affermare che egli intendesse parlare veramente della morte dell’arte.
Negli appunti di “Lezioni di estetica” Hegel scrive: “lo spirito del nostro mondo odierno appare come al di sopra della fase in cui l'arte costituisce il modo supremo di essere coscienti dell'assoluto; essa non soddisfa più il nostro bisogno più alto e noi siamo ben oltre il poter onorare in maniera divina e venerare le opere d'arte.
Il nostro mondo, la religione, la nostra religione e la nostra formazione razionale sono un grado oltre l'arte come grado supremo per esprimere l'assoluto. L’opera d'arte non può soddisfare dunque il nostro ultimo assoluto bisogno, non adoriamo più alcuna opera d'arte, e il nostro rapporto con l'arte è di tipo più meditativo. Noi rispettiamo e apprezziamo l'arte, ma non la vediamo come qualcosa di ultimo, bensì come qualcosa di finito.”
Non c’è dubbio interpretativo: Hegel era convinto della morte dell’arte.
In seguito i Dadaisti e i Futuristi ripresero la teorizzazione Hegeliana e la elevarono a religione, a fatto supremo. Infatti, pur se in forme diverse il poeta Filippo Tommaso Marinetti, fondatore del futurismo, e Marcel Duchamp, inventore del ready-made (protagonista del movimento Dada), espressero lo stesso convincimento.
Certo, per Marinetti e i futuristi ad essere morta è l’arte accademica e passatista, mentre con Duchamp e i Dada si verifica un processo di avvicinamento-unificazione tra arte e oggetto di consumo che svilupperà, fra contraddizioni e successi, una corrente di pensiero che è ancor oggi all’attenzione di chi riflette e specula sull’arte.
E’ lo storico dell’arte Giulio Carlo Argan che dà corpo, in sintonia con il pensiero del filosofo Theodor W. Adorno, il concetto della fine dell’arte attraverso il processo di trasfigurazione in prodotto industriale.
Secondo Arthur Coleman Danto,con la popart di Andy Warhol, si è arrivati all’estremizzazione del processo di “estetizzazione” dell’opera, andando così oltre Duchamp, verso l’arte concettuale, ben espressa da Piero Manzoni.
Ciò che emerge, due secoli dopo Hegel, è una nuova consapevole formulazione della fine/morte dell’arte. Non più “morte”, infatti, ma arte come oggetto di consumo.
Ridare all’arte la forza di ribellarsi alla cultura dominante, è possibile oggi solo attraverso le immagini che si ribellano a questo mondo ridotto a immagine (il Re è morto, Ubu Roi e vivo). Certo, distinguersi in un mondo dove tutti posseggono uno strumento fotografico e il selfie, mentre i blog la fanno da padroni, è un’ardua impresa. Raccontarsi ogni minuto dettagli della propria vita attraverso social media è diventato costume quotidiano, mentre l’offerta artistica si disperde nella immensa produzione di un’ estetica diffusa.
La predominanza di una cultura dell’immagine-oggetto a scapito di quella teorica, l’importanza crescente dei curatori e dei produttori di eventi espositivi e museali, rispetto a quella accordata a studiosi e storici, produce inevitabilmente uno stravolgimento dei poteri, evidenziando davvero la morta dell’arte.
In tal modo, infatti, l’arte è solo merce da difendere dalla svalutazione. Essa , per il potere economico, deve e può essere solo ed unicamente un investimento sicuro.
A noi non resta che augurare le nostre più sentite condoglianze